Penale

No alla distruzione della “replica” Ferrari se non è confondibile con l’originale

di Paola Rossi

La replica di un modello “Ferrari” ritenuta non confondibile con l’originale, non costituisce reato e non giustifica la confisca e la distruzione dell’auto. Così la Corte di cassazione, con sentenza n. 16156/2024, ha respinto il ricorso della casa di costruzione delle “rosse” facendo rilevare che se il giudice archivia l’imputazione per l’uso illecito del marchio e dei segni distintivi del prodotto non può disporre la confisca del bene, altrimenti obbligatoria.

Nel caso di specie la Ferrari contestava l’illogicità della decisione del giudice che nell’ordinare la restituzione dell’auto “in quanto non confondibile” aveva però imposto, al carrozziere che l’aveva prodotta, di apporre affianco del marchio sulla parte esterna del mezzo delle fascette che riportavano l’indicazione di “replica” dell’originale.

Il rigetto del ricorso
La Cassazione ha risposto negativamnete al ricorso della Ferrari, affermando che - a fronte dell’archiviazione del procedimento a carico dell’imputato - il giudice dell’esecuzione non può contestare l’insussistenza dell’illecito penale.
E, soprattutto, la Cassazione ha escluso l’illogicità della decisione di evidenziare graficamente il requisito di replica approvando, invece, il ragionamento del giudice, secondo cui anche in esposizioni fieristiche per amatori andasse scongiurato il rischio di confusione del marchio almeno agli occhi di un potenziale pubblico non esperto. Una forma di cautela che non contrasta con l’irrilevanza penale della produzione di un modello già corredato al suo interno di evidenti indicazioni attestanti la qualità di replica dell’auto

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